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Secc. |
L’ALIMENTAZIONE
NEL TEMPO (secc. III -> XX) |
III |
Decade
l’agricoltura, inizia la carestia. I
barbari iniziano a salire al trono,
si trovano testimonianze di forte
separazione fra le due culture
alimentari, e reciproche critiche. |
IV |
S’inasprisce
la crisi alimentare a causa di
devastazioni e guerre, si determina
l’autoconsumo e la policoltura, si
preferiscono cereali più sicuri del
frumento, quali la segale, che fino
al X sec è la più diffusa. Il pane
scarseggerà sempre più, da cui la
parabola della moltiplicazione dei
pani. Orzo avena e miglio, da
bollire per la pulmenta,
parola chiave.
Il
cristianesimo diventa religione
dell’impero, e valorizza il pane
e il vino e l’olio, carichi di
simbolismi; si propongono anche
calendari di astensione e
privazione. Il pane per eccellenza è
Cristo stesso, il processo di
produzione dello stesso viene
metaforicamente associato alla
creazione dell’uomo. Il vino vincerà
contro la birra, con qualche
resistenza. |
V |
Tempi difficili
dovuti al crollo dell’impero Romano.
Prende avvio l’integrazione fra
cultura Romana e Barbarica: avviene
il salto culturale verso il modello
Barbarico, e la rivalutazione della
carne, anche come simbolo del
potere, dell’èlite, della forza
fisica e della capacità di
combattere, queste ultime avvalorate
in proporzione alla quantità
ingurgitata: buoi, bufali, cavalli,
selvaggina e pollame domestico,
proporzionati alle proprie
possibilità. I poveri continuano a
mangiare verdura, quando c’è.
|
VI |
La crisi tocca il
suo apice, situazione catastrofica,
antropofagia ed epidemie. Dal III
secolo al sesto si consuma tutto ciò
che si ha a disposizione per non
morire di fame. Differenziare
è la parola d’ordine. Greci e
Latini, dunque Romani,
contrappongono il colto
all’incolto, cioè la città e il
bosco, connotando quest’ultimo
negativamente: l’agricoltura,
intervenire nella preparazione del
cibo, inventarlo, moderarsi e
misurarsi a propria discrezione nel
consumo, sono sintomi di civiltà. I
barbari invece al contrario,
valorizzano la carne e i prodotti
delle foreste, cotti alla fiamma, e
bevono cervogia, antica birra senza
luppolo, in quantità esagerate. La
moderazione e l’astensione dalla
carne vengono proposte nei
monasteri, ma ci sono critiche alle
stesse. |
VII |
Nelle regioni
germaniche si diffonde l’uso di
calcolare i boschi in numero di
maiali, i prati in fieno, i campi in
grano: il paesaggio diviene qualcosa
da usare a proprio vantaggio.
L’uso degli incolti diventa così
importante che nasce il topos nei
racconti agiografici dell’eremita
che impara più o meno in solitudine
a procurarsi cibo nella foresta. Il
confine colto-incolto è mobile, e
anche l’economia ad esso legata lo
è. |
VIII |
I Germani si
preoccupano dell’affollamento dei
boschi, mentre gli Spagnoli sono più
mediterranei, e legati allo
sfruttamento dei campi. Ma nel
complesso cambia l’economia europea.
La curva demografica inizia a
salire, forse anche grazie ad un
ciclo alimentare favorevole.
|
IX |
Testimonianze
giudiziarie di accaparramento da
parte dei monasteri di aree boschive
da sfruttare, e liti per le stesse.
Si disbosca, anche se ci si sente
colpevoli di farlo, e il selvatico
passa in secondo piano rispetto al
coltivato, soprattutto per far
fronte alla crescita demografica e
il bisogno di cibo: rinascono i
mercati, le città diventano centri
importanti di scambio, le autorità
cittadine legiferano per tutelare il
paesaggio produttivo agrario.
Coesistono agricoltura e
allevamento, ma il concime si perde
nei boschi, la produttività dei
terreni resta bassa. Inizia il
traffico di spezie. |
X |
Staziona il ritmo
di disboscamento, l’economia diviene
principalmente agricola. Lo
sfruttamento dei boschi diventa
elitario, con le leggi sull’uso
dell’incolto: i boschi sono del
comune, determinando la nascita
della divaricazione degli usi
alimentari in senso non più
quantitativo, ma qualitativo.
La carne diviene status-symbol.
|
XI |
Sale il
disboscamento rapidamente. Il
castagno viene riconosciuto come
utile e sfruttato per il pane.
Questo sec è molto colpito dalle
calamità, la fame si fa disperata.
Il pane diventa fondamentale
nell’alimentazione dei poveri, si
panifica con qualsiasi cosa già dal
6° sec, con esiti anche drammatici.
Le spezie di affermano:
frutto della ricerca dell’esotico e
del ‘sogno’ ispirato dalle lontane
terre d’oriente da cui provengono,
sono nuovo strumento di
differenziazione sociale dei
borghesi a causa del prezzo, e il
loro calore si credeva facesse
digerire (coprire sapori sgradevoli
di carni mal conservate è tesi
sbagliata). |
XII |
Le carestie
diminuiscono, e tende a
stabilizzarsi la situazione
alimentare, ma anche a diventare
monotona. Il contadino è chiuso
nel suo podere, perché i boschi sono
dei potenti. Si focalizza l’ottica
del profitto fra i ceti
borghesi, si diffonde l’agronomia,
tutti imparano a coltivare le biade,
cioè i cereali inferiori. La paura
della fame si esorcizza col sogno
del paese della cuccagna e di
bengodi, dell’eden. Si inizia a
conservare l’aringa e altro pesce
sotto sale, a fronte di una forte
richiesta. Si scopre la
distillazione dell’alcol.
|
XIII |
Si espande la
coltivazione del frumento, destinato
alle tavole dei ricchi, ovvero al
mercato e ai latifondisti.
Campagna e città si contrappongono
nei modelli alimentari, l’una con
pani neri, l’altra con pani bianchi.
Sembra diffondersi un benessere
generalizzato, seppur con gravi
differenze sociali. Nasce il
fare cortese, che prevede
distacco dal cibo ed eleganza: il
contorno e la ritualità
diventano importanti, la qualità
differenzia più della quantità, ma
entrambe equivalgono al potere.
Nascono i libri di cucina per
le corti, da cui ricaviamo l’uso
delle spezie. Testimonianze di
diffusione del biancomangiare
di origine araba, fatto di elementi
bianchi, magro o grasso, e
internazionale, con tratti comuni e
peculiarità locali: 37 ricette in
tutto. Si diffondono le torte,
specie di pasticci di qualsiasi cosa
ricoperti di pasta: è una
gastronomia della città, legata
all’uso del forno. Nasce la lotta
retorica carne-pesce, cibi che
resteranno complementari anche
grazie alla chiesa, che consente il
pesce in periodi di magro al clero:
questo resterà però ancora un
surrogato della carne. |
XIV |
A metà secolo
torna la carestia: i cittadini sono
protetti, e si scontrano con i
contadini poveri, che in questi
periodi soffrono di più. La scarsa
alimentazione ha preparato il
terreno per la peste, che
uccide un terzo della popolazione.
Dopo riparte il consumo diffuso di
carne, anche nei ceti inferiori; le
colture cerealicole arretrano,
lasciando spazio a quelle
foraggere, alcuni montanari si
specializzano nell’allevamento.
Si inizia a codificare gli stili
di vita. Lo zucchero,
prima usato solo in medicina, entra
in cucina. |
XV |
Continua un forte
consumo di carne
generalizzato, ma inferiore nelle
aree mediterranee e per i contadini:
resta l’opposizione
cittadino-contadino, e carne suina
contro bovina rendono l’idea
dell’economia familiare contro
quella commerciale. Il bosco è
proprietà privata, e nasce la
domesticazione dei porci nei
poderi: solo le pecore possono
pascolare. Il mangiar bene o male è
sempre più intrinseco all’uomo, come
il suo status ascritto, e le
regole ‘cortesi’ divengono
rigide ed esplicite: il pasto è il
momento di massima
discriminazione sociale. Ci sono
cibi alti, come i frutti e ciò che
sta in alto, che simbolizzano
l’elevatezza e sono adatti ai
ricchi, e cibi bassi, quali radici e
tuberi, che sono per i poveri: anche
gli uccelli, che volano e stanno in
alto, sono preferiti ai quadrupedi
pressati a terra. Mostrare è
la parola d’ordine. Lo zucchero si
attesta in Francia. |
XVI |
Testimonianze di
diversità fra i gusti delle culture
europee. La codificazione degli
stili di vita è all’apice, con lo
scontro soprattutto fra borghesia e
nobiltà, e regolamentazione dei
pasti da offrire nelle varie
occasioni: si mangi secondo la
qualità della persona; le carni
bianche vengono valorizzate in
quanto più adatte a chi lavora di
cervello e non di corpo. Le
scoperte di terre d’oltre oceano
crea problemi a nominare ed
accettare i nuovi cereali e i nuovi
cibi, necessari a causa della fame,
prodotto della crescita demografica.
Fioriscono i lavori nei campi e le
nuove tecniche, il riso, il grano
saraceno, il mais, la patata, tutti
cibi che si consolideranno solo nel
18esimo secolo. Il frumento è solo
per i ricchi, le classi intermedie
usano misture brune, quelle povere
cereali scuri. Si diffonde l’uso
dell’insalata, e si attesta il
consumo di carne, lardo e birra come
maggiore nelle regioni del nord, e
inferiore in quelle del sud, dove
prevale pane, olio e vino. Lutero
nega le astinenze proposte dalla
chiesa di Roma, sconvolgendo la
cultura alimentare, facendo crollare
la pesca. Lo zucchero è
diffuso in tutta Europa, e determina
in America monocolture di canna da
zucchero lavorate da schiavi. Il
consumo di birra nel nord è di 40
volte quello odierno, e il vino non
è da meno: la sete è oceanica
a causa della conservazione sotto
sale degli alimenti; inoltre si
crede abbia virtù curative e
tonificanti, antisettiche, oltre
all’uso ludico; è difficile
distinguerle dalla droga.
L’acquavite esce dalle farmacie
e arriva nelle osterie, unendosi ai
distillati di melassa, frutta,
cereali e ai liquori dolci. Parte
l’importazione di caffè.
|
XVII |
Continuano a
trovarsi testimonianze di sogni
di paesi di bengodi e cuccagna: la
cultura dello spreco e della fame
entrano in dialettica e si rimandano
rispettivamente; mangiar poco fa
bene, ma solo chi può mangiar molto
può pensarlo. L’uso di carne
diminuisce, e si consolida
l’accompagnamento del pane a
tutti i livelli. I cereali
sono determinanti nella dieta dei
poveri, e le carestie proseguono.
Cresce il consumo di birra. La
dicotomia olio-grasso si
esplicita nella diffusione delle
insalate, da condire con olio, ma in
Inghilterra c’è una scarsa cultura
dello stesso, mentre si diffonde
l’uso del burro: con entrambi
nascono le salse grasse, contro le
magre diffuse dal terzo secolo e
destinate all’oblio, forse grazie
alla Riforma, ma soprattutto a causa
del desiderio. L’èlite
abbandona le spezie per
riscoprire i sapori poveri come
scalogno, funghi, capperi, più
adatti ai piatti grassi; si separa
l’agro e il dolce, si usa lo
zucchero al posto del miele nei
dolci. Vino e birra si scontrano con
il diffondersi di nuovi
euforizzanti-droghe quali
distillati, tè, caffè e cioccolato,
prima elitarie poi popolari,
comunque oggetto di critiche: i
medici supportano l’una o l’altro
per giustificarne l’abuso; il
cioccolato ai nobili, il caffè ai
borghesi. |
XVIII |
Si consolidano
gli utilizzi dei cibi importati
dalle americhe e del pane, entrambi
per una scarsità di alternative
dietetiche, comportando deleteria
monotonia. Le classi dominanti e i
re si pongono come arbitri
nella lotta al cibo, sempre più
aspra. Le droghe sopraccitate sono
sempre più diffuse, per evitare la
morsa della fame. E’ il secolo della
fame, causata dalle solite
cose: crescita demografica,
insufficienze produttive, sviluppo
agricolo, ma ha dimensioni
ingigantite. Si risponde espandendo
i coltivi, rivoluzionando
l’agricoltura con le leguminose da
foraggio in rotazione ai cereali, le
pratiche zootecniche, il concime:
nasce il capitalismo agrario.
Riso, mais e patata sono riscoperti,
e su di essi si svilupperà la
cultura alimentare povera, che punta
alla quantità a causa
dell’emergenza. Essi vengono
comunque interpretati per
essere inseriti nella cultura
preesistente e restaurarla. Il mais
crea una forbice fra cereali ricchi
e poveri, con una lotta fra i
proprietari che chiedevano la
coltivazione del mais perché
profittevole, e i contadini che
vedevano nella stessa il rischio
dell’ulteriore abbassamento
qualitativo della loro dieta, come
poi accadde, causando la pellagra.
La patata si diffonde
anch’essa con difficoltà, ma essendo
sottoterra, quindi protetta da
devastazioni belliche, nutritiva e
di riempimento, presto prende piede,
divenendo poi fondamentale in tutti
i livelli di cucina grazie alla sua
versatilità. In Sicilia è sempre più
usata la pasta secca, altro
cibo da riempimento e conservabile,
nata nel 12esimo sec: prima da
accompagnamento e d’èlite, poi
piatto unico con il formaggio, poi
con il pomodoro. |
XIX |
La popolazione
europea cresce ancora, forse per la
migliorata alimentazione. Aumenta la
diffusione del pane e la sua qualità
(pane bianco), anche grazie ai
cilindri in porcellana, ma non il
suo valore nutritivo. Il consumo dei
cereali diminuisce, mentre per la
prima volta aumenta quello carneo.
Nasce un nuovo movimento
vegetariano, in opposizione alle
usanze dell’ancien regime. Nasce la
produzione industriale,
dunque l’agricoltura diviene da
produttrice di cibo a fornitrice di
materie prime all’industria
alimentare, provocando
l’allargamento del mercato
degli alimenti e l’abbassamento dei
prezzi: tutto ciò è determinato dai
progressi brillanti della
zootecnica, con la selezione delle
razze e la specializzazione del
bestiame per la produzione di latte
o di carne, e dei metodi di
conservazione, trasporto e
distribuzione dei cibi. La
distinzione sociale avverrà d’ora in
poi sul piano qualitativo,
con cibi di prima, seconda o terza
scelta, o anche adulterati. La
delocalizzazione e le reti di
distribuzione allentano il vincolo
fra cibo e territorio, eliminando le
carestie dei paesi industrializzati,
a scapito di paesi più poveri;
creano uniformità nei costumi
alimentari; diffondono il modello
urbano anche nelle campagne. Il
distacco dai ritmi della
natura è sempre stato un desiderio
umano, ed oggi viviamo la
realizzazione dei desideri dei
nostri antenati, concepiti quando la
simbiosi con le stagioni e i loro
frutti era vissuta come una
schiavitù. Abbiamo cibo fresco a
basso costo, buona borsa e una
moltitudine di offerte: è il paese
di Cuccagna. |
XX |
Bisogna aspettare
questo secolo per dichiarare
completa la rivoluzione alimentare
iniziata nel 19esimo secolo in
Inghilterra e Francia. Il modello
consumistico propone fino a metà
secolo un ideale di grassezza,
testimonianza appunto di benessere,
poi quello di magrezza, che i
borghesi impegnati vorranno
associare al loro stile di vita, a
testimonianza della loro
iperattività. Il termine dieta,
concepito dai greci in modo positivo
ed inteso come consumo di cibo
modulato in base alle esigenze e al
buon senso del singolo, si associa
alla sottrazione di cibo, alla
negazione dello stesso, ovvero
acquisisce connotazione negativa:
l’eccesso di grassi causato dal
terrore della fame è stato
sostituito con un altro eccesso,
rimandando l’appuntamento con un
rapporto sereno col cibo.
|
Tipi di alimenti
Gli
alimenti nel loro complesso possono essere
classificati, secondo un criterio merceologico,
in: cereali; legumi; tuberi e radici amidacee;
frutta e verdura; carne, pesce e uova; latte e
latticini; grassi e oli; zuccheri, conserve e
sciroppi.
I
cereali, che comprendono, tra gli altri,
frumento, riso, mais, miglio, sono alimenti
ricchi di amido e rappresentano una fonte di
energia immediatamente disponibile. La
concentrazione di proteine all'interno dei
cereali non è elevata e quindi, in una dieta
bilanciata, è necessario assumere anche altri
alimenti più ricchi di proteine, per poter
disporre di tutti gli amminoacidi essenziali. La
farina bianca di frumento e il riso brillato,
rispetto ai cereali integrali, sono meno ricchi
di fibre, vitamine e minerali.
Tra i
legumi si trovano fagioli, piselli, lenticchie,
granaglie, arachidi, ricchi sia di amido sia di
proteine. Abbinati ai cereali, costituiscono una
dieta equilibrata e relativamente economica. A
tuberi e radici particolarmente ricchi in amidi,
vitamine e minerali, appartengono diverse
varietà di patate, patate dolci, tapioca.
La
frutta e gli ortaggi costituiscono una fonte di
minerali e vitamine non presenti nelle diete a
base di cereali: la vitamina C, ad esempio, è
particolarmente concentrata negli agrumi; la
vitamina A è ricavata dal carotene delle verdure
a foglia verde e dalle carote. Frutta e ortaggi,
inoltre, sono particolarmente ricchi di fibre,
utili a facilitare il passaggio del cibo lungo
il tubo digerente, e di vitamine idrosolubili,
che è preferibile assumere da alimenti freschi,
crudi più che cotti, poiché la loro struttura
chimica viene facilmente degradata da
trattamenti quali la cottura o la surgelazione.
La
carne, il pesce e le uova forniscono tutti gli
amminoacidi essenziali, necessari all'organismo
per soddisfare il fabbisogno proteico. In
genere, la carne contiene circa il 20% di
proteine, il 20% di grassi e il 60% di acqua.
Nelle interiora si trovano, invece, soprattutto
vitamine e minerali. I pesci sono ricchi di
proteine e, in certi casi, di oli
particolarmente concentrati in vitamina D e A.
Il
latte e i latticini (formaggio, yogurt, gelati,
panna, fiocchi di latte) sono tutti ben noti per
la loro abbondanza di calcio, fosforo e
proteine. Il latte è ricco anche di vitamine,
che tuttavia perde in parte in seguito al
processo di pastorizzazione. Il latte è un
alimento completo per i primi mesi di vita del
neonato e continua a rivestire un ruolo molto
importante per tutta la crescita; negli adulti
non va assunto in quantità eccessiva, poiché può
provocare un accumulo di acidi grassi insaturi
nel sangue.
I
lipidi sono rappresentati da grassi e oli come
il burro, il lardo, gli oli vegetali, che sono
alimenti fortemente calorici, ma di scarsa
qualità nutritiva.
Le
conserve e gli sciroppi possiedono soprattutto
zuccheri semplici, in elevata concentrazione;
per questo motivo, il loro consumo deve essere
contenuto.
L'acqua è la vita
L'acqua
costituisce una frazione compresa tra il 50 e il
90 % del peso corporeo degli organismi viventi,
potendo raggiungere in alcuni invertebrati
marini addirittura il 95 % del peso totale. Il
protoplasma cellulare è una soluzione colloidale
macromolecolare in cui l'acqua rappresenta
l'elemento disperdente; grassi, carboidrati,
proteine, sali e altre sostanze chimiche vengono
disciolte e trasportate in soluzione acquosa, e
ciò permette le numerose reazioni chimiche
indispensabili per i cicli fisiologici. Il
sangue degli organismi animali e la linfa delle
piante sono costituiti prevalentemente da acqua,
che ha la funzione di trasportare le sostanze
nutritive e di rimuovere i prodotti di rifiuto.
L'acqua svolge inoltre un ruolo fondamentale nel
metabolismo delle cellule, prendendo parte a
diverse reazioni di idrolisi.
Vitamine
Composti organici, di natura e funzioni anche
molto diverse, presenti in piccole quantità
all'interno dell'organismo e negli alimenti.
Esse svolgono ruoli essenziali nel metabolismo,
durante la crescita e, in generale, nella
conservazione della salute. Le vitamine,
inoltre, contribuiscono alla produzione degli
ormoni, delle cellule del sangue, del materiale
genetico e di alcuni costituenti del sistema
nervoso. In combinazione con le proteine spesso
funzionano da catalizzatori, dando luogo ad
attività enzimatiche che controllano l'andamento
di numerose reazioni chimiche, importanti per
l'organismo. In assenza delle vitamine, queste
reazioni verrebbero a mancare o procederebbero
molto lentamente. Purtroppo, non tutti i
meccanismi d'azione delle vitamine sono stati
ancora completamente chiariti.
Le
vitamine vengono divise in due gruppi, a seconda
che siano solubili nei grassi (liposolubili) o
in acqua (idrosolubili). Sono liposolubili le
vitamine A, D, E e K, che si trovano in alimenti
contenenti grassi e possono essere accumulate
nel tessuto adiposo dell'organismo. Le vitamine
del gruppo B e la vitamina C, invece, sono
vitamine idrosolubili e, dal momento che non
possono essere conservate, devono essere assunte
di frequente.
A
eccezione della vitamina D, che può essere
prodotta autonomamente dall'organismo, tutte le
altre devono essere presenti in una dieta
corretta ed equilibrata. Una carenza vitaminica,
anche detta avitaminosi, può provocare, infatti,
disfunzioni fisiologiche e del metabolismo. Nel
corso di diete speciali, nelle malattie da
malassorbimento o durante la gravidanza e
l'allattamento, possono rendersi necessarie
integrazioni vitaminiche di rafforzamento del
metabolismo. È inoltre opinione comune che un
supplemento costante di vitamine
nell'alimentazione sia in grado di prevenire
molti tipi di malattie, dal raffreddore al
cancro. In realtà questi composti, se assunti in
dosi eccessive, possono interferire con l'azione
di altre vitamine, anche se l'eccedenza viene
rapidamente escreta all'esterno dell'organismo.
Vitamina A
Detta
anche retinolo, la vitamina A è un derivato dal
carotene; influenza la formazione e la salute
della pelle, delle mucose, delle ossa e dei
denti e ha anche effetti sulla vista e sulla
riproduzione.
La
carenza di vitamina A si manifesta con fenomeni
di cecità notturna (emeralopia), di eccessiva
secchezza della cute, di scarsa secrezione delle
mucose, che determina una predisposizione alle
infezioni batteriche, e un ridotto funzionamento
delle ghiandole lacrimali (con danno per la
naturale umidità degli occhi). La vitamina A si
trova in carote, spinaci, pomodori, latte,
burro, uova e olio di fegato di merluzzo.
Vitamine del gruppo B
Le
vitamine del gruppo B sono fragili composti
idrosolubili, molti dei quali rivestono una
particolare importanza nel metabolismo di
carboidrati, proteine e grassi.
B1
La
tiamina, o vitamina B1, è una delle sostanze
coinvolte nell'utilizzo dell'energia dei
carboidrati.
Gli
alimenti più ricchi di tiamina sono le carni, il
lievito di birra, le uova, gli ortaggi a foglie
verdi, il germe di grano.
B2
La
riboflavina, o vitamina B2, combinandosi a un
enzima, contribuisce insieme a questo al
metabolismo di carboidrati, grassi e proteine.
Una sua carenza può causare alterazioni delle
mucose, soprattutto attorno al naso e alle
labbra, e ipersensibilità alla luce. Le fonti
alimentari più ricche di riboflavina sono le
stesse della vitamina B1.
B3
Anche
la niacina, o vitamina B3, favorisce la
trasformazione dei nutrienti in energia. La
carenza di niacina provoca la pellagra. Le
migliori fonti di niacina sono il fegato, la
carne, il germe di grano, le arachidi, il
lievito di birra.
B6
La
piridossina, o vitamina B6, svolge un ruolo
essenziale per il metabolismo degli amminoacidi
e contribuisce alla produzione dei globuli rossi
e all'utilizzo dei grassi da parte
dell'organismo. La carenza di piridossina è
caratterizzata da disturbi dermatologici,
comparsa di ragadi agli angoli della bocca,
perdita della caratteristica rugosità della
lingua, convulsioni, stordimento, nausea, anemia
e calcoli renali. La piridossina si trova
soprattutto nel germe di grano, nel fegato e nel
lievito.
B12
La
cobalamina, o vitamina B12, è necessaria
all'organismo in quantità minime per la
produzione di alcune proteine e dei globuli
rossi e per il funzionamento del sistema
nervoso. La carenza di vitamina B12 può dare
luogo all'anemia perniciosa e a malattie del
sistema nervoso periferico. Si trova in alimenti
di origine animale, come fegato, reni, carne,
pesce, uova e latte.
Altre vitamine del gruppo B
L'acido
folico, o folacina, è necessario alla produzione
di diverse proteine, tra le quali l'emoglobina.
Può contribuire al trattamento di alcune forme
di anemia e delle sindromi da malassorbimento.
La carenza di acido folico è piuttosto rara
(fonti alimentari sono le interiora, le verdure
a foglia verde, i legumi, le noci, i cereali
integrali e il lievito di birra). L'acido folico
va perduto negli alimenti conservati a
temperatura ambiente e durante la cottura. A
differenza di altre vitamine idrosolubili,
l'acido folico viene conservato nel fegato e non
deve, perciò, essere assunto tutti i giorni.
L'acido
pantotenico svolge un ruolo ancora non del tutto
chiaro nel metabolismo di proteine, carboidrati
e grassi. È abbondante in molti alimenti e viene
prodotto, inoltre, dai batteri intestinali.
La
biotina, una vitamina del gruppo B anch'essa
sintetizzata dai batteri intestinali e
ampiamente presente negli alimenti, svolge un
ruolo importante nella produzione degli acidi
grassi e nella trasformazione dei carboidrati in
energia. Non sono note carenze di biotina
nell'uomo.
Vitamina C
La
vitamina C, o acido ascorbico, svolge ruoli
importanti nella difesa dell'organismo dalle
infezioni, nel metabolismo e nella riparazione e
nel mantenimento di diversi tessuti. La carenza
di acido ascorbico causa lo scorbuto. L'acido
ascorbico sembra avere un'efficace azione
antiossidante e protettiva contro l'azione dei
radicali liberi e se viene assunto in eccesso
viene rapidamente escreto con l'urina. Fonti
alimentari di vitamina C sono gli agrumi, le
fragole fresche, il melone, l'ananas, il
cavolfiore, i pomodori, gli spinaci, i peperoni
verdi, da consumare crudi o cotti non troppo a
lungo.
Vitamina D
La
vitamina D è necessaria alla formazione e al
mantenimento di ossa e denti, oltre che alla
ritenzione di calcio e fosforo nell'organismo.
Si ricava dal tuorlo d'uovo, dal fegato e dal
tonno; viene prodotta anche dall'organismo per
l'azione sulla pelle dei raggi ultravioletti del
sole. La carenza di vitamina D determina il
rachitismo, che colpisce i bambini. Come le
altre vitamine liposolubili, viene accumulata
all'interno del corpo; quindi, un'ingestione
eccessiva può dare luogo a intossicazioni.
Vitamina E
Il
ruolo della vitamina E, o tocoferolo, nel corpo
umano non è stato ancora completamente chiarito,
anche se sembra essere una sostanza nutritiva
essenziale per molte specie di vertebrati. Essa
protegge l'integrità dei globuli rossi e sembra
rallentare i processi di invecchiamento
dell'organismo. È presente negli oli vegetali,
nel germe di grano e nelle verdure a foglia
verde.
Benché
la vitamina E venga accumulata all'interno
dell'organismo, dosi in eccesso non sembrano
avere effetti tossici particolarmente rilevanti.
Vitamina K
La
vitamina K è indispensabile nelle reazioni di
coagulazione del sangue. Le fonti più abbondanti
di vitamina K sono l'erba medica e il fegato di
pesce, che vengono usati per la preparazione di
concentrati di questa vitamina. Fonti alimentari
sono le verdure a foglia verde, il tuorlo
dell'uovo, l'olio di soia e il fegato. In un
adulto sano, un'alimentazione normale e la
sintesi da parte dei batteri intestinali sono in
genere sufficienti a fornire all'organismo la
vitamina K in quantità adeguata.
Problemi a carico dell'apparato digerente
possono limitare l'assimilazione di vitamina K e
causare, quindi, lievi alterazioni della
coagulazione.
Consigli ai giovani
Viene
definito "adolescenza" quel periodo della vita
che è compreso fra la pubertà e l’età adulta
(dai 12 ai 18 anni circa). È un’età molto
delicata, in quanto caratterizzata da importanti
mutamenti fisiologici: accelerato accrescimento
staturale, maturazione delle proporzioni del
corpo, ecc. In questa fase l’organismo va
incontro ad una crescita particolarmente rapida,
e quindi presenta bisogni in energia e nutrienti
molto elevati, soprattutto riguardo alle
proteine, al ferro, al calcio e alle vitamine A,
C e D.
Una
attenzione speciale va posta alle ragazze
adolescenti, le quali hanno bisogno di essere
ben alimentate sia per lo sviluppo tipico di
questa fase della vita che per i futuri stress
della gravidanza.
Ad
esempio, nelle adolescenti il fabbisogno in
ferro e quello in calcio aumentano rapidamente
fino ai livelli dell’adulto: una loro
insufficiente copertura comporta il rischio
della comparsa di anemie da carenza di ferro e
di una ridotta mineralizzazione dello scheletro,
tale da rendere precoce e più grave
l’osteoporosi dell’età matura.
Invece,
è proprio in questa età che spesso i giovani, o
per il desiderio di affermare la propria
nascente personalità o per quello di dimagrire
in maniera eccessiva o di uniformarsi a "mode"
alimentari o estetiche non adeguate, adottano
schemi alimentari disordinati e squilibrati,
spesso tanto ristretti o tanto monotoni da
comportare la carenza di nutrienti
indispensabili. Non è un caso, infatti, che in
Italia siano proprio le adolescenti a far
riscontrare, fra tutti i gruppi di età, i più
bassi livelli di consumo relativamente al calcio
e al ferro, con tutti i rischi già illustrati in
precedenza.
È
quindi molto opportuno che sia esercitata, da
parte di tutti, una sorveglianza nutrizionale
specifica su questi punti.
In
linea generale sono da consigliare caldamente il
consumo di latte e yogurt, meglio se
parzialmente scremati, un frequente apporto di
ortaggi e frutta, pesce, carni magre, legumi e
lo svolgimento abituale di una buona attività
fisica. Anche in questa fascia d’età è da
sconsigliare un eccessivo ricorso agli alimenti
tipici del "fast-food" all’americana.
C ome
comportarsi
•
Evita di
adottare - al di fuori di ogni controllo -
schemi alimentari particolarmente squilibrati e
monotoni, solo perché "di moda"
.
•
Fai particolare
attenzione, specialmente se sei una ragazza, a
coprire i tuoi aumentati bisogni in ferro e
calcio: seguire alcune tendenze in voga presso i
giovani che portano ad escludere dalla dieta
alimenti come carne e pesce (ottime fonti di
ferro) e latte e derivati (ottime fonti di
calcio) rende molto difficile questa copertura e
quella della vitamina B12 e non trova
giustificazioni scientifiche.
Io, consumatore
Oggi i
consumatori sono sempre più attenti alle
questioni della sicurezza degli alimenti, ed è
giusto pretendere a questo riguardo un forte
impegno da parte del settore produttivo
agro-alimentare e da parte degli organismi
preposti ai controlli. Bisogna però anche
ricordare che gli alimenti hanno sempre
contenuto e conterranno sempre, oltre ai
nutrienti che servono al nostro organismo,
sostanze o agenti potenzialmente tossici. Così,
malgrado i numerosi sforzi, non è teoricamente
né praticamente possibile assicurare il rischio
zero, anche se si deve pretendere l’impegno da
parte di tutti, consumatore incluso, per
abbassare il rischio al livello minimo possibile
o comunque tale da garantire una sufficiente
sicurezza per il consumo. L’ultimo anello di
questa catena è proprio il consumatore, che ha
la responsabilità dell’acquisto, del controllo e
dell’uso corretto del cibo che consuma.
Il suo
ruolo non è passivo ma attivo. Deve essere
consapevole e informato correttamente, imparare
a leggere e interpretare le etichette, conoscere
il prodotto acquistato e le modalità per
conservarlo bene, sapere come manipolarlo in
cucina e consumarlo a tavola al fine di
proteggere se stesso e i suoi familiari da
eventuali rischi.
Presenza di sostanze chimiche
estranee negli alimenti
Gli
alimenti possono contenere additivi aggiunti
intenzionalmente, contaminanti ambientali
(metalli pesanti, pesticidi), sostanze tossiche
prodotte da muffe (micotossine), residui da
trattamenti, da processo (produzione,
trasformazione e preparazione domestica), ecc.
La
presenza di additivi nei prodotti alimentari è
rigorosamente regolamentata e controllata dagli
Organismi ufficiali. L’etichetta di tutti i
prodotti alimentari, ad eccezione di alcune
bevande alcoliche (vino, birra), riporta
nell’elenco degli ingredienti anche gli
eventuali additivi che sono stati aggiunti
(coloranti, conservanti, edulcoranti, ecc.).
Sono tutte sostanze ammesse a livello europeo
dopo essere state oggetto di approfonditi studi
tossicologici. I limiti imposti dalla legge
hanno lo scopo di evitare che con
l’alimentazione abituale si superino le Dosi
Giornaliere Ammissibili (DGA).
Tra due
prodotti simili il consumatore può comunque
decidere di scegliere quello che non contiene
additivi. Infatti quest’ultima produzione è
talvolta legata ad un maggior rigore nella
scelta di materie prime di qualità e/o alla
garanzia di un controllo più accurato
dell’igiene su tutta la linea produttiva. Ad
esempio, il consumatore può decidere di
acquistare prodotti senza coloranti. Però è bene
tenere presente che alcuni additivi sono invece
essenziali per conservare le proprietà nutritive
o la salubrità di alcuni specifici alimenti:
l’aggiunta di antiossidanti (quali l’acido
ascorbico) permette alle marmellate o ai succhi
di frutta di conservarsi più a lungo, la
presenza dei nitriti negli insaccati inibisce la
crescita di vari batteri tra i quali il
pericoloso botulino, ecc.
Anche
la presenza di contaminanti nei nostri alimenti
viene accuratamente controllata. I prodotti
agricoli di alcune zone geografiche possono
presentare livelli più elevati di contaminanti
ambientali, per esempio metalli pesanti (piombo,
cadmio, ecc.). È però esagerato escludere alcuni
cibi dalla nostra alimentazione per paura che
siano contaminati, anche se è opportuno, nel
caso si abiti in una area a rischio, non
consumare esclusivamente prodotti locali e
variare gli alimenti che scegliamo. L’unica
eccezione è rappresentata dai frutti di mare,
che andrebbero esclusi dall’alimentazione dei
bambini piccoli e delle donne in gravidanza ed
in allattamento (vedi linea guida "Consigli
speciali per gruppi speciali").
I
pesticidi sono anch’essi oggetto di numerosi
controlli. I risultati dei monitoraggi annuali
svolti dai laboratori pubblici del controllo
ufficiale confermano che nella stragrande
maggioranza dei casi non permangono nei prodotti
residui superiori ai livelli massimi consentiti.
Questi residui, se presenti, vengono in gran
parte eliminati da un accurato lavaggio di
frutta e ortaggi. Nel caso dei prodotti
biologici, i pesticidi non sono per legge
utilizzabili. Per questioni igieniche gli
ortaggi e la frutta, sia ottenuti con metodo
tradizionale che biologico, vanno in tutti i
casi sottoposti a lavaggio prima del loro
consumo.
Contaminazione microbica degli
alimenti
La
contaminazione microbica degli alimenti è un
importante problema di sicurezza alimentare, nel
quale il consumatore ha un ruolo importante da
giocare. Nell’organismo umano, negli animali,
nell’ambiente e negli alimenti sono presenti
microrganismi: alcuni sono da considerarsi utili
(collaborano ad esempio ai processi digestivi e
vengono utilizzati nella preparazione di
alimenti come formaggi, yogurt, ecc.), altri
sono dannosi per la salute dell’uomo. Adottare
nella vita di tutti i giorni una serie di
comportamenti corretti ci permette di ridurre il
rischio di contrarre malattie provocate da
questi microrganismi.
I tre
momenti fondamentali in cui il consumatore può
ridurre il rischio di contaminazioni microbiche
sono il momento dell’acquisto, della
preparazione e della conservazione degli
alimenti.
Scelta ed acquisto degli
alimenti
In
generale, la pulizia e l'ordine del punto
vendita possono indicare l'attenzione del
venditore anche alla qualità del prodotto
venduto.
Bisogna
controllare in modo specifico le etichette, che
devono riportare in modo chiaro la data di
scadenza dei prodotti confezionati. Le
confezioni non devono essere bagnate, ricoperte
di brina o schiacciate.
Dopo
l’acquisto, il consumatore deve trasportare i
surgelati in un contenitore termico. È
consigliabile acquistarli per ultimi, riducendo
così al minimo i tempi di interruzione della
"catena del freddo".
I
prodotti più deperibili (latte, yogurt, budini),
compresi quelli sfusi, devono essere mantenuti a
temperature uguali o inferiori a +4°C. Stesso
discorso vale per quelli surgelati, che devono
essere tenuti in apparecchi che garantiscano
costantemente una temperatura pari o inferiore a
-18°C.
Spesso
la presenza di microrganismi pericolosi non è
evidente: infatti, gli alimenti contaminati
possono mantenere le loro solite caratteristiche
di colore, odore e sapore. Un bell'aspetto non è
una garanzia di cibo sano. È quindi inutile e
addirittura pericoloso assaggiare un prodotto se
si sospetta che possa essere deteriorato. È però
vero che un sapore rancido o un cattivo odore
sono indici indiscussi di non salubrità
dell’alimento.
Particolare cura è opportuna nell’acquisto del
pesce. È molto importante che sia presentato in
un bancone refrigerato (meglio se esposto su un
letto di ghiaccio) e la freschezza si giudica
dall’odore delicato (di mare), l’occhio
sporgente, le branchie rosee o rosse.
Da
"LINEE GUIDA PER UNA SANA ALIMENTAZIONE
ITALIANA"
INRAN e
Min. Politiche Agricole e Forestali
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